Descrizione
La famiglia Barresi ebbe cariche e ruoli assai importanti nel corso della travagliata storia di Sicilia. Quando Pietro d’Aragona sbarcò a Trapani (1282) per rivendicare la corona in nome della moglie Costanza, i Barresi Enrico e Giovanni divennero suoi alleati. Alla morte del re Pietro d’Aragona (1296), tra i suoi due figli, Giacomo e Federico, scoppiò una cruenta lotta per il potere; in questa occasione i Barresi, si schierarono con Giacomo dalla parte degli Angioini, mettendo a disposizione dei Francesi i propri castelli tra cui anche il castello di Pietraperzia, che si dimostrò un baluardo imprendibile. Federico d’Aragona mandò contro i Barresi i migliori capitani del suo esercito, ma il castello di Pietraperzia resistette egregiamente a tutti gli assalti fino a quando venne espugnato per fame da Manfredi Chiaramonte; i Barresi allora furono mandati in esilio, e le loro terre confiscate. Con la pace di Caltebellotta ha termine la guerra; con questo trattato la Sicilia fu lasciata a Federico II il quale sposò Eleonora, figlia del re Angioino che divenuta regina, fece riabilitare i Barresi che ottennero la restituzione dei loro beni. Cosi nel 1520, Abbo Barresi, figlio di Giovanni entrava di nuovo nelle grazie di Federico II rimpadronendosi del castello e delle terre che erano state confiscate al padre.Abbo Barresi abitò con la moglie a Pietraperzia ed iniziò la ricostruzione del castello. Alla morte di costui, l’edificio passò nelle mani del suo primo genito Artale , questi a sua volta lo diede al fratello Ughetto e cosi via di generazione in generazione. Il maestoso Castello, che torreggia su una rocca addossata a Pietraperzia , fino ai primi anni del 1900, si era mantenuto quasi del tutto integro nelle sue diverse componenti architettoniche, poi vari terremoti e la colpevole incuria delle autorità competenti, lo ridussero a poco più di un rudere. Lo sviluppo del castello avvenne in tre fasi successive, e completato nel 1526 dal marchese Matteo Barresi. Il fronte nord, di 122 metri ed alto quattro piani, era suddiviso in tre distinte parti che rispecchiavano le diverse epoche di costruzione normanna, sveva e catalana. Numerosissime erano le finestre, alcune delle quali offrivano all’interno, accanto agli stipiti, due sedili in pietra che invitavano a sedersi ad osservare lo stupendo panorama delle valli sottostanti. L’edificio in origine racchiudeva un’area di circa 20.000 metri quadrati. Le mura si estendevano per 1.150 m ed in alcuni punti raggiungevano oltre 4 m. Lungo di esse si elevavano diverse torri e bastioni di cui non e rimasta traccia, ad eccezione dei resti di un torrione merlato detto “Corona del Re” e della Torre quadrangolare dell’ingresso, nonché di alcuni bastioni a sud e a nord. Al centro, accanto alla “Corona del Re”, si erge il “mastio”. Questa struttura doveva servire come ultima difesa, era situato sopra la cima del colle ed in parte era stato ricavato nella viva roccia, costituendo così un inespugnabile baluardo di eccezionale robustezza . La porta d’ingresso al castello era rivolta a mezzogiorno, quella del mastio a nord-ovest; ad esse si poteva accedere dal cortile interno tramite gradini ritagliati nella roccia. Sotto al “mastio” sono ancora visibili i gradini, ritagliati nella roccia, che portavano alle prigioni sotterranee, ed alla torre della “Corona del Re” a base ottagonale. Una leggenda vuole che le stanze del castello fossero 365, quanti sono i giorni dell’anno; elevate su quattro piani, quante le stagioni dell’anno, esso aveva 12 torri, tanti quanti sono i mesi
L’ingresso
Il portone d’ingresso al castello misura m. 2,20 di larghezza e m. 3,20 d’altezza. Un tempo sopra il portone vi era un bassorilievo raffigurante una scrofa che allattava i propri piccoli; a fianco dell’ingresso, a destra dietro il portone, si apre un camminamento scavato nella roccia che conduce agli ambienti sotterranei. Superato il portone, un androne in leggera salita, affrescato con stelle, soli e figure variamente dipinte entro formelle, conduceva alla seconda scala. Di fronte all’ingresso, in una nicchia, era affrescata una immagine della Madonna delle Grazie. Accanto alla nicchia, sulla sinistra prima d’iniziare la salita della seconda rampa di scale, vi era un’ampia sala interamente ricavata nella roccia che dovette servire come corpo di guardia e portineria. La seconda rampa di scale conduceva al Gran Cortile. Un lato della torre quadrangolare, posta davanti all’ingresso s’affacciava su questa scala, in cima alla torre, si trovavano una statua di S. Michele Arcangelo ed alcuni cannoni. I piani della torre erano tre: al piano terra vi erano le tombe dei signori del castello di cui non e rimasta traccia; al primo piano si trovava la chiesa di S. Antonio Abate ed al secondo piano vi era la residenza del cappellano.
La cinta muraria
Il castello è posto sulla sommità della montagna, costituito per formare sul lato nord verso Caltanissetta e la valle del Salso una immensa parete. Attorno al castello vennero alzate delle mura rafforzate da torrioni; i conci delle muratura erano disposti a raggiera ed intessuti da una robusta intelaiatura con mensoloni e beccatelli. In questa grande recinzione si aprivano alcune porte di cui non è rimasta traccia, ad eccezione di quella della Porta Palermo. I cantonali che serravano in un poligono irregolare i quattro lati del castello conferendo ad esso decoro e maestosità, furono alzati con grande sapienza costruttiva. I fronti maggiormente decorati erano quelli di sud-est. Su questo lato si aprivano grandi finestroni normanni simmetrici che, ravvivando il proprio aspetto con esili colonnine marmoree e sfruttando largamente l’elemento coloristico, offrivano allo sguardo stipiti ed archetti in pietra calcarea di grande effetto.Su questo stesso lato si apre la porta d’ingresso al castello preannunciata da un piccolo cortiletto sul quale si affaccia la torre quadrangolare e sul lato sinistro una bifora duecentesca. La rimanente parte del lato sud è di una rigida severità di opere di prospettive, ad essa fa seguito la zona corrispondente alla prima elevazione ormai scomparsa da secoli
Il prospetto orientale era arricchito da finestre in tipico stile normanno inframmezzate da colonnine, che illuminavano le numerose stanze interne, alcune delle quali ricavate nella roccia. Di pregevole fattura erano i pilastroni del cortile e la finestra che sta di rimpetto al portone d’ingresso.
Dal prospetto Nord, fino a qualche anno fa, si poteva ammirare una delle più belle vedute del castello. Sulla sinistra del complesso, sul lato nord-ovest, partendo dalla “Corona del Re”, si poteva un tempo osservare la parte normanna con il muro del “Mastio” e le bastionature di rinforzo delle mura. Accanto a questi resti, la parte trecentesca presenta ampie finestre di varia grandezza disposte asimmetricamente. L’ultima parte della facciata, verso il cosidetto “Puntale”, è costituito dal coverticcio dell’armeria, una vasta sala con un’architettura regolare ed armoniosa, alla quale si affidavano armi di ogni specie. Le finestre di questo lato delle mura erano disposte su tre livelli ad eccezione di qualche piccola apertura al primo piano.
Nella facciata di sud-est si aprivano tre finestre di stile normanno. Questi tre grandi finestroni erano caratterizzati dall’abbondanza delle decorazioni e dei trafori che davano luminosità agli ambienti. Queste finestre andarono distrutte durante il terremoto del 1885, assieme ai delicati bassorilievi che esistevano dappertutto e fin nelle volte in legno, crollata la volta in legno di stile Normanno sul “Grande salone” sovrastante la zona del cosiddetto Carcere Civile. Durante l’occupazione normanna le opere difensive del castello, vennero consolidate. Si rinforzarono i muraglioni facendo assumere alla struttura una notevole imponenza. Oggi rimangono pochissimi resti di questa grandissima opera d’ingegneria militare: il “muraglione” e in condizioni tali da richiedere una immediata opera di consolidamento; i resti più imponenti si alzano accanto alla porta Palermo. I portali d’ingresso alla rocca erano due: quello situato a sud era sormontato da un bassorilievo in marmo raffigurante una scrofa che allatta i piccoli. Una torre merlata proteggeva questo ingresso rendendo cosi vano ogni tentativo di penetrare all’interno del castello; si accedeva ad essa mediante la scala del gran Cortile ricavata nello spessore del muro e parzialmente ancora superstite. Resti di mura si osservano ancora oggi di fronte alla torre che proteggeva l’ampio spazio ovest sul quale ora sono state erette alcune case. Il castello fondava la propria sicurezza oltre che sui diversi accorgimenti suggeriti dalla tecnica militare, sulla grande muraglia di prerecinzione che lo cingeva come un grandioso anello riducendo al minimo ogni pericolo di penetrazione esterna. Nel tracciarne i lati, era stata accuratamente sfruttata l’asperità del terreno roccioso che aveva permesso di creare, con tagli opportuni, delle pareti verticali assai difficili da scalare.
Cortile
Una duplice scala decorata conduceva da una parte alla porta della Gran Sala, con arco normanno poggiante su un fascio di colonnine e dall’altra ad un ampio terrazzo su cui si affacciavano le stanze. La scala esterna del cortile che portava a tutti gli alloggi del castello, era prospiciente la parete rivolta verso mezzogiorno; Questa scala era suddivisa in tre tratti. Il primo conduceva ad un ripiano dal quale un secondo si dipartiva verso il gran Salone ed un terzo verso sud ovest, attraverso un terrazzo merlato detto “passaggio di ronda”. Questo scavalcava il portone d’ingresso al cortile ed era merlato su entrambi i lati. La parete di fronte all’ingresso era in blocchi di calcare bianco (travertino) squadrati con cura che mettevano in bella evidenza la grandissima finestra ed il portale d’ingresso agli alloggi del principe, in stile catalano. Lo Zodiaco, scolpito sopra questa finestra, era suddiviso nei dodici segni delle costellazioni; gli stipiti erano costituiti da due colonnine poggianti su zoccoli a scultura zoomorfa. Il portale che portava agli appartamenti del principe, pur conservando l’austerità dello stile della finestra, era ampio, spazioso e finemente scolpito. Sotto gli archi del cortile, vi erano gli ingressi alle scale ed i locali che ospitavano il personale del castello.Tutte le mattine la principessa Donna Dorotea Barresi (1536-1591) veniva accompagnata dal suo seguito nella cappella di S. Antonio dove il cappellano celebrava la S. Messa. A questa cappella si arrivava passando per il terrazzo della “Gran Sala”; qui una scala conduceva ad una piccola loggia che s’affacciava all’interno della chiesa.Una scala a chiocciola portava sulla cucula, sul “Puntale”. La “cucula” era un terrazzo situato sopra il tetto del corpo settentrionale dell’edificio dal quale si poteva dominare con lo sguardo tutta la vallata del Salso fino alle Madonie. In essa era sistemato l’osservatorio astronomico del principe Don Pietro Barresi definito “astrologo eccellentissimo”. Il “Gran Salone” era compreso tra il cortile e gli ambienti nord del castello il soffitto della sala era in legno finemente scolpito con decorazioni in oro zecchino. Nella “Gran Sala” primeggiavano gli stemmi della Sicilia, dei re, e delle famiglie nobili alle quali erano imparentati i Barresi-Branciforti. Le robuste travature del soffitto erano dipinte con bizzarre scene di caccia e vita agreste; vi si vedevano cacciatori a piedi ed a cavallo che ferivano con lunghe lance animali dalle forme grottesche. Nella Gran Sala, ricca di arazzi, il principe teneva la sua corte. Allo stesso livello del Salone si trovava l’appartamento del principe, costituito da quattro stanze, di cui tre dette “delle donne ” ed una detta “del custode”. Il portone “era pesante ed aveva le borchie in ottone.